Longevità in Sardegna, i segreti sono il cibo e i buoni rapporti umani

Articolo di Alessandra Addari
“I segreti della longevità risiedono nel microbiota, il set di microbi presenti nel nostro intestino che non sono pochi”.
A dirlo il professor Germano Orrù del Dipartimento di scienze chirurgiche dell’Università degli studi di Cagliari presente alla cinque giorni dedicata alla longevità organizzata da Ogliastra Eventi alla Manifattura Tabacchi di Cagliari dal titolo “Cent’anni insieme! Giornate di turismo esperienziale tra i segreti della longevità”.
Risiederebbe quindi nei microbi presenti nell’intestino dei sardi il segreto della lunga vita. Microbi fortificati dal buon cibo e da uno stile di vita sano.
“Nel nostro intestino ci sono circa due chili di microbi e questi microbi formano un tessuto che reagisce con l’ambiente, si modifica velocemente se cambiamo abitudini e reagisce con ciò che accade intorno a noi, è un luogo dove si trovano dei ricettori che percepiscono ciò che avviene all’esterno, trasmettendo i conseguenti messaggi al nostro cervello”.
Ecco perché secondo Germano Orrù, ma anche secondo Grazia Fenu, del dipartimento di scienze biomediche dell’Università di Sassari i sardi vivevano più a lungo. Non solo il cibo di una volta era più sano e parco, ma anche lo stile di vita era in generale più sano e meno ansiogeno.
“Il set di microbi che noi abbiamo nell’organismo – continua a spiegare Germano Orrù- è settato in base all’alimentazione che avevamo fino a duecento anni fa, poi negli anni sessanta abbiamo avuto una rivoluzione alimentare che ha causato uno shock in questo tessuto microbico, ma
chi non ha vissuto la rivoluzione della nutella come i nostri anziani ha un tessuto microbiotico che si è costruito nell’età infantile, diverso e più forte”. Un’alimentazione parca e senza eccessi dunque alla base della salute.
“I nostri centenari hanno vissuto una vita parca, fatto da cibi non processati, spesso provenienti dagli orti di casa o dal vicino, cibi semplici con pochi elementi e scarse spezie”, spiega Gian Battista Usai della Fondazione ITS Blue Zone che ha dato anche qualche indicazione sul menù tipico: “nelle famiglie di una volta ci si alimentava principalmente grazie agli animali da cortile, galline e uova o con la carne di maiale allevato in uno stazzo.
La carne di maiale forniva il giusto apporto di grassi e proteine che potevano essere conservate sia sotto sale che sotto aceto, ma i veri protagonisti della tavola erano i legumi. In tutto l’arco dell’anno venivano consumati in forma di zuppe o come contorno. Erano i piatti più comuni e più frequenti perché la carne veniva consumata prevalentemente nei giorni di festa”.
E se oggi non è possibile replicare quel modello oggi, secondo gli studiosi c’è comunque in generale l’esigenza di un ritorno a tempi più distesi di lavoro e il desiderio di riportare un clima più rispettoso e cordiale nei rapporti umani. In sostanza i ricercatori ci dicono che se vogliamo una vita più lunga dobbiamo alimentare il nostro corpo in maniera sana, ma anche la nostra mente con rapporti altrettanto sani e sereni.