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  • Piccola guida per districarsi nell’affollato mondo dei sommelier – Parte 1

Piccola guida per districarsi nell’affollato mondo dei sommelier – Parte 1

Pubblicato il Ott 17th, 2022
da Ricette di Sardegna
Categorie:
  • Percorsi di vini
  • Stefano Mazzella

Articolo di Stefano Mazzella (sommelier)

Tutti abbiamo sorriso guardando le scenette comiche di Antonio Albanese nei panni del sommelier. Da bravo comico qual e’ ha posto l’accento su quella strana gestualità, unita alle descrizione del vino fatta attraverso originali termini e snocciolando frasi ad effetto per i riconoscimenti gusto-olfattivi con richiami alla frutta ai fiori, etc… , che lasciano l’uditore attonito e confuso, che lo fanno sentire escluso da questi racconti, anch’essi, non di rado frutto di eccessi teatrali.
Però, parlando da sommelier quale io mi sento, devo segnalarvi che la degustazione è un atto tecnico, in alcuni casi persino codificato da specifiche norme UNI, pur dovendo esser veicolato verso un pubblico il cui piacere è farsi guidare in un bere consapevole senza eccessivi tecnicismi.
È ben per questo che la comunicazione del vino, parte integrante della stessa professione di  sommelier, pur dovendo passare attraverso un vocabolario fatto di termini, descrittori olfattivi (i profumi appunto), decantati forse con troppa enfasi, che possono apparire al profano incompatibili con la bevanda nel bicchiere. Tuttavia si deve riconoscere che una descrizione fatta attraverso l’utilizzo dell’esatto nome chimico della molecola olfattiva non favorirebbe di certo né un interesse, né un’ immediata comprensione di quanto si vorrebbe far cogliere all’uditore.
Quanto alla gestualità che potrebbe anch’essa apparire inutile, come ad esempio quella di fare ruotare il vino nel bicchiere non è altro che un atto tecnico preciso fatto non allo scopo di colpire la platea per l’aspetto scenografico e cerimoniale, ma per una vera e precisa necessità di completa valutazione qualitativa del vino.
A parte le giustificazioni sopra indicate, è innegabile che vi sia una buona dose di inutile coreografia, di spettacolo, di protagonismo, che offusca l’attività e le capacità di degustazione e di valorizzazione del vino fatta dal sommelier che deve apparire mediatore e non protagonista.
Ricordiamo che il protagonista è il vino!! Dopo questa premessa, vorrei ritornare sul quesito che mi ha spinto a scrivere queste mie considerazioni: ovvero cercare di capire se abbiamo bisogno di sommelier diplomati o se questo percorso di formazione è un semplice orpello di cui fregiarsi con gli amici e con i camerieri nelle nostre cene o nei nostri pranzi.
Tutti abbiamo assistito ad un fiorire di associazioni più o meno recenti che quasi all’unisono, pubblicizzano “corsi professionali per sommelier”, per venire incontro alle esigenze di molti appassionati e forse un pochino per moda.
Le più note sono la Associazione Italiana Sommelier (A.I.S. dal 1965) ; Federazione italiana Sommelier Albergatori e Ristoratori (F.I.S.A.R. dal 1972) , ASPI – Associazione della Sommellerie Professionale Italiana (A.S.P.I Statuto del 2019) Fondazione Italiana Sommelier (Fondazione, 2014); Accademia Internazionale Enogastronomi Sommelier (A.I.E.S. fondata nel 2001), Associazione Prowine (Assosomelier  da metà del primo decennio del duemila); …; oltre alla Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino (O.N.A.V. dal 1951)  che però forma assaggiatori e non sommelier.
In realtà, prima di capire se servono figure come quelle del sommelier, sarebbe opportuno capire cosa offrano le associazioni che erogano detta formazione.
Quasi tutte propongono un percorso articolato normalmente su tre parti, con insegnamenti teorici sulla vinificazione, sul mondo del vino in generale, sull’enografia nazionale ed internazionale e infine danno indicazioni tecniche sull’abbinamento cibo vino. Al termine del percorso e di un esame finale si rilascia un “Attestato di Sommelier”. A questo punto è opportuno far presente che non esiste, nell’ordinamento giuridico italiano, il titolo di sommelier come pure non esiste un albo unico professionale a livello nazionale e quindi le associazioni rilasciano un attestato che è tanto credibile e spendibile, quanto più lo è l’associazione che lo rilascia (di solito loro stesse tengono un registro dei sommelier diplomati).
Non intendo fare una graduatoria su quale sia l’associazione da preferire, certo sarebbe opportuno informarsi preventivamente e verificare con attenzione la credibilità di cui gode l’associazione nel territorio. Questo perché i vari siti delle stesse non fanno certo chiarezza, anzi riportano diciture del tipo “con riconoscimento del Presidente della Repubblica …”, in realtà non stiamo parlando di un Titolo di Studio e il riconoscimento che riportano (spesso anche sull’attestato) è un riconoscimento della personalità giuridica della associazione. Siamo perciò in presenza di una “attestazione professionale” per operatori non iscrivibili ad albi professionali riconosciuti nazionalmente.
Certo non facilita la comprensione vedere gli iscritti anche di importanti associazioni mescere vino nelle sagre di paese al pari dei normali camerieri, creando ancor più confusione sulla figura professionale già abbondantemente resa ambigua dalla ristorazione isolana che mischia il sommelier con il personale di sala affidandogli anche il servizio delle pietanze al tavolo.
Il vero sommelier esplica il suo ufficio in presenza di terzi che intendono avere una guida, una delucidazione, una informazione sulle caratteristiche del prodotto che degustano. È un professionista il cui compito è descrivere il
vino attraverso le sue caratteristiche organolettiche in modo da valorizzarne la tipicità anche in relazione all’abbinamento con il cibo.
Infatti il Sommelier professionista o Sommelier appassionato, come ho avuto modo di ragionare con operatori del settore, sta sostituendo la veicolazione dei prodotti enologici che prima era gestito dalle varie cantine.
Per altro, queste figure si stanno moltiplicando in quantità più che in qualità, rendendo più difficile quel lavoro promozionale di descrizione del vino e del territorio in cui viene coltivato, delle sue caratteristiche peculiari, della lavorazione delle uve che rendono così diversi i vini gli uni
dagli altri.
Aspetti che possono sembrare marginali agli occhi di un profano, ma che risultano essenziali quando il sommelier esprime valutazioni specifiche sul prodotto, decontestualizzandolo dalla zona di origine e dalle sue pratiche enologiche che in detta area vengono praticate.
Un danno per la cantina, per il territorio e per l’immagine stessa del Sommelier.

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