Su pani con s’ou, tradizione millenaria

Articolo di Alessandra Addari
In Sardegna, il legame tra il mondo agropastorale e la cerimonialità del pane è profondo più di ogni altra cosa.
La donna sarda conserva con orgoglio questo legame e mantiene fede alla promessa fatta affinché la memoria non vada perduta.
Chi ha vissuto, partecipato o solamente ascoltato i racconti delle donne che un tempo e ancor oggi preparano il pane della Domenica di Pasqua, ricorda con gioia su pani cun s’ou, il pane con l’uovo, che le donne preparavano cantando in allegria per donarlo, la Domenica di Pasqua, a parenti, amici, ai bambini e al parroco.
Si iniziava il Mercoledì delle Ceneri, preparando un pane raffigurante una bambola con sette gambe: sa pipia de karesima, che veniva utilizzata come calendario per staccare ogni settimana una gamba e segnare così il tempo che separava dalla Domenica di Pasqua.
Invece, per il giorno di Pasqua, il pane doveva essere bianco, lucidato con l’albume dell’uovo e modellato con particolare ingegno artistico. Spesso era ornato con un uovo con il guscio che veniva incastonato prima della cottura del pane.
Le forme del pane pasquale erano svariate e cambiavano a seconda della zona e del paese in cui il pane veniva realizzato. Non mancavano mai i pani a forma di animali domestici, di motivi floreali, di pulcini, borsette, cestini.
Su pani cun s’ou veniva donato ai bambini dalle mamme, dalle nonne e dalle madrine. Avevano la forma di bambolina con l’uovo nel petto o di pulcino con l’uovo nella pancia.
I bambini aspettavano con ansia questo momento, che avrebbe accompagnato con gioia l’intera giornata di Pasqua.